Quando il calcio dà il peggio di sé

Quando il calcio dà il peggio di sé

E’ lo sport più popolare al mondo, appassiona miliardi di persone, crea comunità e sa dare emozioni indescrivibili.
E’ il calcio: molti di noi hanno una partita in un angolo della mente che non dimenticheranno mai, per il brivido che il solo pensiero riporta a galla.
Lo sguardo di Fabio Grosso, l’inquadratura larga, “se lo segna siamo campioni del mondo”, Caressa che urla “Goooool”, Pirlo che corre con le braccia al cielo verso i compagni. Quanti di noi non dimenticheranno questi 2 minuti della finale del Mondiale di Germania del 2006, il “cielo azzurro sopra Berlino”.

Esiste però il lato oscuro, quello fatto da introiti per i diritti televisivi miliardari, gli scontri tra le tifoserie, gli illeciti di frange di tifoseria e, di recente, la spettacolarizzazione di azioni politiche dei giocatori.
E’ negli occhi di tutti l’immagine della nazionale turca che, mentre fuori dallo stadio bombardavano il Rojava, si schiera sotto la curva e fa il saluto militare. Che sia un’iniziativa dei calciatori o una direttiva dello Stato poco importa: si è spettacolarizzato davanti alla comunità globale un intervento militare, una guerra di aggressione nella quale centinaia di civili hanno già perso la vita. Quei professionisti del gioco del pallone sono modelli per centinaia di migliaia di bambini che, osservandoli, vogliono emularli in tutto e per tutto. L’immagine arriva forte e chiara a livello globale: Erdogan manda un messaggio chiaro alle Nazioni Unite strumentalizzando una piattaforma che dovrebbe essere indipendente e politically correct.

Altro caso degli ultimi giorni è quello capitato a Foggia, dove i calciatori a fine gara vanno sotto la curva per intonare un coro a favore “dei diffidati”, per riportarli allo stadio. I “diffidati” sono ultrà che sono stati colpiti da Daspo per fattispecie di reato varie, accomunati da un interesse dello Stato al tenerli lontani dalle manifestazioni sportive perché potenzialmente pericolosi.
Quale esempio diamo al bambino che, portato allo stadio, chiede al padre perché addirittura i campioni della propria squadra inneggino ad un’azione di guerra o a dei pregiudicati? Dobbiamo impedire ai minori di accedere agli stadi o dovremmo impedire a questi messaggi nocivi di invadere il campo dello sport?
La risposta per noi è chiara: il Calcio è nostro, non di chi lo vuole utilizzare per fini nel migliore dei casi non nobili. E’ necessario tenere alta l’attenzione e attivare tutte le azioni di dissuasione a nostra disposizione: sanzioni ai Club, sanzioni ai calciatori, percorsi di sensibilizzazione che coinvolgano tifosi e società.

La responsabilità di essere un personaggio pubblico di tale rilievo non si conclude nel rettangolo verde, ma si estende a tutto ciò che si svolge sotto lo sguardo del mondo.