
Nella lunga notte della pandemia, da gennaio abbiamo iniziato a intravedere un lumicino di speranza: i vaccini. I dati in arrivo da Israele, dove la vaccinazione “a tappeto” ha già raggiunto soglie rilevanti, sono confortanti: crolla il numero dei contagi, gli ospedali respirano, le vittime sono poche unità (solo 9 il 25 marzo), le attività stanno riaprendo i battenti e le persone si stanno riappropriando a piccole dosi della loro vita. Non sfuggono, chiaramente, le differenze con l’Italia: numero di abitanti ridotto, dosi sufficienti per la quasi totalità della popolazione, gestione efficiente. Questa prospettiva però ci deve far correre, più che possiamo, perché abbiamo tutti fame di vita, lavoro, socialità. Ogni ritardo sono vite perse che si accumulano.
In Piemonte come stiamo andando? Ieri ci è stato finalmente consegnato in Commissione Sanità un primo report sulla campagna vaccinale.
Cercheremo di tracciare un quadro più oggettivo possibile, eliminando ogni faziosità che in questa materia ed in questo momento non aiuterebbero nessuno. Parliamo di dati e di suggestioni per migliorare il servizio, seguendo l’esempio di altre regioni che si sono dimostrate virtuose.
Va premesso che la Regione Piemonte non sta gestendo la campagna vaccinale peggio della media delle Regioni italiane: 3 giorni fa sono state inoculate 10.118 dosi, 2 giorni fa 11.182, ieri 17.207. Dall’inizio della campagna si è proceduto alla somministrazione di 705.678 dosi (delle quali 245.510 come seconda).
Ricordiamo però che la popolazione del Piemonte conta 4,3 milioni di persone, per cui il numero di vaccini per raggiungere la quota necessaria all’immunità di gregge è ancora distantissime, serve cambiar passo.
Abbiamo tre ordini di problemi: le dosi, il personale, l’organizzazione logistica.
La mancanza di dosi non è da imputarsi all’amministrazione regionale, come neppure a quella statale, non essendo ancora le case farmaceutiche in grado di provvedere alla richiesta degli Stati. Diciamo però che questo problema ogni giorno è più vicino ad essere risolto, poiché le dosi dei vaccini già a disposizione rispettano in gran parte il cronoprogramma e andranno ed aumentare. La grande svolta si avrà poi quando le dosi di JohnsonandJohnson arriveranno: come sappiamo, questo vaccino è monodose e si conserva a temperature meno rigide. Semplificando, potrà essere inoculato dai medici di famiglia, dalle farmacie, in ogni luogo messo a disposizione.
Da qui al tema più complesso: il personale. Ad oggi, anche se avessimo a disposizione le dosi sufficienti ad una vaccinazione massiva, non avremmo il personale sanitario sufficiente: questo perché all’appello della Regione ai medici di base ha risposto solo il 40% rendendosi disponibile (hanno aderito sinora oltre 800 medici di medicina generale per vaccinare nei centri allestiti dalle Asl e circa 450 medici hanno dato disponibilità a vaccinare nel proprio studio, forse già dalla prossima settimana, gli over 75), i numeri sui medici in pensione che accetteranno l’invito non possiamo ancora quantificarlo (anche se molti sembrano essere restii perché la remunerazione interromperebbe il trattamento pensionistico ex articolo 3 bis della legge di conversione del decreto legge 2/2021), il bando destinato agli specializzandi è stato appena pubblicato e non sappiamo quante adesioni ci saranno.
Il Piemonte ha garantito di poter arrivare in brevissimo tempo a 20.000 inoculazioni al giorno, ma come pensa di arrivare alle 36.000 richieste dal Governo quando sarà disponibile J&J?
A volte seguire il buon esempio di altre regioni potrebbe essere un primo passo: il Lazio sta per iniziare a vaccinare fino alle 24 ad esempio, il che sembra una soluzione ragionevole. Essendo in guerra potremmo spingerci anche oltre, quando le dosi lo consentiranno, ed arrivare ad una somministrazione h24, con prenotazioni successive durante tutto il corso della giornata: per recuperare la nostra vita, saremmo tutti disponibili a puntare anche una sveglia alle 3 di notte per ricevere la nostra dose.
Altra criticità è quella relativa ai “furbetti del vaccino”: è intollerabile che si superino le file, soprattutto in questa fase in cui un vaccino in meno può significare una morte in più. E’ altresì inaccettabile, però, che anche solo una dose venga sprecata: per questo è urgente che la Regione si doti di un sistema di lista di attesa pubblica e trasparente per una “reperibilità” di volontari a ricevere le dosi avanzate dopo la regolare programmazione. Così che non vengano premiati i disonesti, ma che comunque non si sprechi una goccia della nostra unica speranza.
La fine della vaccinazione degli over80, promessa entro il 15 aprile, avverrà il “15 aprile e un po’”, secondo quando riporta il Presidente Cirio. Qualche giorno di ritardo non è la fine del mondo, anche considerato l’assurdo allarmismo degli scorsi giorni sul vaccino Astrazeneca. Però è un cambio di passo quello che si richiede a questa amministrazione regionale: a breve le dosi ci saranno, se non saremo pronti a somministrarle tutte, tutto il giorno, tutti i giorni, non avremmo svolto il compito principale che le istituzioni hanno in questo momento drammatico.
Noi restiamo alla finestra, cerchiamo di stimolare questa amministrazione regionale senza preconcetti: perché ogni persona che vacciniamo salva la sua vita e quella di chi gli sta intorno. E tutti gli sforzi necessari a far sì che la macchina pubblica sia pronta ad essere efficiente devono essere messi in campo oggi, non domani.