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Recovery fund: la rivoluzione nasce oggi?

Recovery fund: la rivoluzione nasce oggi?

Ci sono giorni in cui per noi, europeisti irriducibili, parlare dell’Unione Europea come speranza per il futuro degli Stati membri è complesso: sono quei giorni in cui all’attenzione delle diversità insite nei paesi membri si preferiscono logiche tecnocratiche, meramente economiche ed élitarie. E poi ci sono giorni, come oggi, in cui penetra uno spiraglio di luce che rinfranca chi ha sempre creduto in un’Europa diversa, forte, sociale e coesa.

Senza mezzi termini, l’accordo trovato questa notte dai Capi di Stato europei sul Recovery fund può essere l’inizio di una rivoluzione.

Questo perché, a prescindere dai dati numerici che dopo accenneremo, va sottolineata una novità che è destinata a imprimersi a fuoco nella storia dell’Unione Europea: per la prima volta infatti è stato stabilito che la Commissione emetta titoli di debito pubblico garantiti dal bilancio UE. Decisione che poi dovrà essere ratificata dal Parlamento Europeo che è l’organo competente in materia di bilancio, ma resta il fatto che se non interverranno stravolgimenti questa notte si sarà scritta una pagina storica.

Cosa significa, in pochissime parole, questo? Significa che non saranno le singole banche nazionali a concedere i prestiti e non saranno nemmeno gli Stati singoli a richiederli alla BCE, con conseguente ed inevitabile innalzamento del valore dei titoli di Stato (e del famigerato Spread), ma saranno titoli di debito che l’Unione emette comunemente e a cui gli Stati membri parteciperanno in maniera proporzionale.

Insomma, l’Unione Europea inizia a fare l’Unione Europea.

Ora, la grande sfida sarà cogliere questo momento per proseguire con forza il percorso riformante delle Istituzione europee, come movimenti da ogni paese richiedono, per ottenere quelle trasformazioni che ci consentano di essere fieramente parte di una Repubblica d’Europa (www.onedemos.eu): ripresa dei lavori Costituenti interrotti nel 2007, uniformazione delle politiche e dei diritti dei lavoratori, del sistema fiscale, delle politiche migratorie.

Un breve accenno alle cifre che compongono l’accordo sul Recovery Fund, utili a comprendere la portata di questo intervento.

Il Recovery Fund cuba globalmente una cifra vicina ai 750 milardi di euro, suddivisi in 390 miliardi di finanziamenti a fondo perduto più 360 miliardi di prestiti garantiti dal bilancio UE (giova ricordarlo per sottolineare la differenza col debito pubblico statale precedentemente citato).

All’Italia sono garantiti 208 miliardi, di cui 81 a fondo perduto e 127 in prestiti: un intervento mastodontico e senza precedenti storici che avrà un impatto dirompente sulle finanze del nostro paese, martoriate dalla crisi dovuta al Covid-19 che aggrava una situazione già precedentemente drammatica.

Per pervenire ad un accordo con gli Stati più riottosi si sono dovute accettare due modifiche, come accade in tutte le trattative. Modifiche che però sono ben poca cosa rispetto alla generalità dell’intervento. La prima è una ricalibratura della destinazione delle risorse, ossia una diminuzione della parte di finanziamento concessa a fondo perduto rispetto alla parte dei prestiti: rispetto alla proposta avanzata inizialmente dall’Italia, per esempio, la quota di finanziamento a fondo perduto è stata diminuita di 3,8 miliardi, a fronte di un aumento della parte concessa in prestito di 38 miliardi. La seconda misura per convincere gli Stati Nord Europei, guidati dall’alleato di Salvini Mark Rutte, è stata la conferma e l’aumento dei cosiddetti “rebates”, cioè degli “sconti” sui contributi al bilancio europeo per quei paesi le cui economie necessitano di meno sostegno. Modifiche che hanno convinto i paesi ad approvare l’accordo, suggellato dall’introduzione della maggioranza qualificata in seno all’ECOFIN (Consiglio di Economia e Finanza) come requisito per l’approvazione ai piani di ripresa nazionale e agli esborsi.

Oggi è un bel giorno per la Comunità europea, per quella Comunità che non smette di sognare un’Europa dei e per i popoli. La rivoluzione è nata oggi e noi saremo sempre in prima linea nella guerra culturale che ci porterà ad abbattere i muri dei nazionalismi, dei populismi e dei sovranismi verso i ponti di un’Europa giusta, sociale, verde e progressista.

 

Diego Sarno – Consigliere regionale PD – Regione Piemonte 

Tommaso Rettegno – Consigliere comunale PD Città di Nichelino – primo firmatario odg sulla Repubblica d’Europa

News dal Consiglio Regionale – 15 Luglio 2020

News dal Consiglio Regionale – 15 Luglio 2020

Oggi vi segnalo tre importanti novità dal Consiglio regionale: l’aggiornamento del piano triennale per la mobilità con l’aggiunta della valutazione per il prolungamento verso Nichelino della metropolitana, lo stallo del Museo Egizio e le problematiche del Bonus Cultura Piemonte.

 

  1. Piano triennale per la mobilità 

Oggi in Commissione II siamo stati chiamati a dare un parere sul piano triennale per la mobilità, che comprende infrastrutture per la mobilità su gomma, tranviaria, metropolitana e di linea.  Accogliamo con particolare piacere l’aggiunta, nella sezione 1.3.2 “Sistema di metropolitana” del prolungamento della linea1 verso Sud. In particolare, l’Assemblea del Bacino Metropolitano ha avviato una fase di analisi preliminare per valutare la possibilità di prolungamento della linea 1 di metropolitana ad ovest verso Rivoli e a sud verso Nichelino/Moncalieri; inoltre, anche al fine del riutilizzo di infrastrutture dismesse, ha avviato una fase di analisi per l’individuazione di un possibile corridoio di collegamento con metropolitana tra Venaria ed il centro di Torino. Questo tassello, necessariamente conseguente alla conclusione della fermata Bengasi e al potenziamento dei collegamenti dell’asse Torino-Pinerolo e Orbassano-Beinasco-Nichelino produrranno un radicale miglioramento del servizio offerto ai cittadini dell’intera area, valorizzando al contempo i beni artistici dell’area ad oggi non serviti da collegamenti eccellenti. Una tra tutte, ovviamente, la Palazzina di Caccia di Stupinigi.

 

  1. Lo stallo del museo egizio

Diverse settimane fa, tutte le forze politiche del Consiglio regionale concordarono nel rivedere lo Statuto del Museo Egizio congiuntamente alla Commissione competente della Città di Torino. Il motivo era chiaro: l’essenza del Museo Egizio, patrimonio di inestimabile valore per la Città e la Regione, necessita di una regolamentazione ad hoc e non può risentire delle consuetudini adatte a realtà istituzionali non comparabili. Nel dettaglio, l’esperienza e la competenza necessaria per gestire questa realtà richiede che il limite di mandati sia rivisto, per garantire continuità ed efficacia. Dopo essersi impegnato in questo senso, il Presidente Cirio tergiversa. Nel corso della commissione cultura di oggi è emerso che i contatti tra Comune e Regione per organizzare la commissione congiunta sulla modifica dello statuto, se mai sono avvenuti, non hanno ancora neanche individuato una data. È chiaro che questo continuo prendere tempo, con la sospensione estiva che incombe e la necessità di approvare poi il provvedimento in aula, nasconde l’intenzione del centrodestra di non dare il via libera alla modifica, smentendo le rassicurazioni pubbliche del presidente Cirio. Pensiamo che una istituzione come il museo Egizio meriti un trattamento diverso e almeno un dibattito tra posizioni franche, non questi sotterfugi da prima Repubblica.

 

  1. Bonus Cultura: fondi inadeguati ed esclusioni ingiustificate

Da diversi giorni seguo con particolare attenzione, per l’ambito di cui mi sono sempre occupato negli ultimi anni, del comparto culturale e di quelle lavoratrici e lavoratori dell’industria dello spettacolo che, più di altri settori, hanno subito drammaticamente i colpi e contraccolpi della pandemia. La Regione Piemonte, dispiace sottolinearlo, ogni volta che mette mano al settore lo fa in modo disomogeneo, tardivo e incompleto. Il Bonus Cultura ne è la cartina di tornasole: nella cornice del Bonus Piemonte, in ogni settore sono state immesse risorse “fresche”. Nel settore Cultura, invece, i fondi andranno recuperate nel bilancio del settore: una ridestinazione quindi, assolutamente lontana dalle cifre di cui il mondo culturale necessiterebbe per assorbire i danni e ripartire. Oltre a risorse insufficienti, dobbiamo sottolineare anche la disomogeneità del provvedimento. Abbiamo già avuto modo di affrontare le problematiche dei lavoratori intermittenti, subordinati o para-subordinati del settore con un OdG a mia prima firma nel quale chiedevamo venissero considerati alla pari delle imprese culturali e quindi ricompresi nel Bonus come per altro già avvenuto in Veneto. Il coordinamento dei lavoratori ha ottenuto un incontro con l’Assessora Poggio ma i risultati stentano ancora ad arrivare. Urge infine ricordare che con un emendamento presentato dal Partito Democratico (e poi votato all’unanimità!) allargavamo la platea di beneficiari al Bonus includendo le APS e le SOMS. Ad oggi, queste realtà seppur posseggano tutti i requisiti non hanno ancora ricevuto il Bonus perché non iscritte alla Camera di Commercio: parliamo di circa 400 circoli in tutta la Regione che ad oggi restano nell’ombra, ignorati da questa amministrazione regionale.Il cronoprogramma del Bonus, per quanto ci è stato riferito in Commissione, dovrebbe prevedere: entro fine luglio la pubblicazione di bandi con l’attivazione di uno sportello per la valutazione dei requisiti fino ad esaurimento delle risorse; a settembre poi saranno pubblicati i bandi ordinari e quelli derivanti da convenzioni preesistenti.

 

Decreto Semplificazioni: Libera-Italia o Liberi-tutti?

Decreto Semplificazioni: Libera-Italia o Liberi-tutti?

La crisi economica successiva alla pandemia di economica si sta abbattendo, impietosamente, sul nostro paese e possiamo solo ipotizzare cosa provocherà nei mesi a venire: ad oggi, infatti, abbiamo potuto riscontrare gli effetti diretti di questa pandemia come perdita di posti di lavoro, blocco della produzione, crisi dell’export e del turismo. Ancor più preoccupante, a nostro avviso, sarà la “Fase tre” della crisi economica, che lascerà strascichi nel profondo del tessuto economico e sociale del nostro paese. Non possiamo infatti pensare che la legittima preoccupazione, diffidenza e paura diffusa da questi mesi drammatici lascino intonso alcun settore.

Occhio però, perché a volte cercando di chiudere un buco in una diga si rischia di incrinarla e sommergere tutto.

Questo è il rischio che si accompagna al “Decreto Semplificazioni” che, partendo da un assunto nobile e assolutamente condivisibile rischia di produrre degli effetti potenzialmente pericolosi e di difficile controllo. Chi, avendo avuto anche solo delle brevi relazioni con le pubbliche amministrazioni, non ha avuto la sensazione di un’eccessiva burocratizzazione del sistema, risultante in una paralisi di difficile comprensione? Partiamo da questo dato: la “macchina” pubblica italiana è oltremodo zavorrata e necessita di una revisione sistemica.

Come affrontare questo problema, specialmente ora che il nostro Partito ha responsabilità di governo?

Urge una sottolineatura, in questa fase di definizione. Sottolineatura che, insieme ad altri, hanno portato alla luce molte associazioni come Avviso Pubblico, di cui sono coordinatore regionale  (https://www.avvisopubblico.it/home/appello-su-decreto-semplificazioni-esprimiamo-forte-preoccupazione-per-alcune-proposte-contenute-nelle-bozze-del-decreto-rischio-concreto-di-fare-un-regalo-a-mafie-e-corruzione), Libera (http://www.liberainformazione.org/2020/07/04/semplificazione-e-contrasto-alle-mafie-occasione-sprecata/ ) ma anche la Corte dei Conti.

L’appello non deve cadere nel vuoto e deve essere recepito in questa fase, prima che un dietrofront possa diventare controproducente. L’innalzamento della soglia per l’affidamento diretto di opere pubbliche a 150 mila euro, ma soprattutto della cosiddetta “trattativa privata” richiedente solo una consultazione di 5 operatori privati fino alla soglia dei 5 milioni di euro è un errore, senza giri di parole.

Perché sappiamo bene che la maggior parte dei Sindaci, Presidenti di regioni e istituzioni pubbliche tutte nella stra-maggioranza dei casi siano integerrimi e non rispondenti alle lusinghe del malaffare, ma sappiamo altrettanto bene che le mafie sguazzano nella deregulation.

Qui un inciso credo sia dovuto: abbiamo visto le conseguenze della deregulation in ambito dei diritti dei lavoratori, che ci è costata (come partito) la fiducia di migliaia di lavoratori. Non commettiamo lo stesso errore.

Lo snellimento delle procedure e il “Liberi tutti” sono concetti molto distanti, soprattutto per un corpo politico che voglia responsabilmente contemperare i due interessi in gioco: velocità e legalità. Un provvedimento che avvantaggi uno di questi due aspetti a discapito dell’altro è comunque un provvedimento da evitare.

I primi casi giudiziari legati alle procedure di semplificazione causate dal COVID li conosciamo, purtroppo, tutti. Il momento più acuto della crisi sanitaria sembra essere passato, ora è il momento di ricalibrare le procedure ed evitare intollerabili ingerenze delle associazioni a delinquere e della  “comune” corruzione.

Lo stesso obiettivo si può raggiungere, ad esempio, aggiornando costantemente le risorse umane della pubblica amministrazione, favorendo il turnover (successivo ad un periodo di necessario accompagnamento) del personale prossimo al pensionamento con personale giovane e formato, fino ad arrivare ad una revisione complessiva del percorso di formazione universitario di coloro che vogliono lavorare nelle pubbliche amministrazioni.

Una scuola di amministrazione che formi tecnici, politici e dirigenti alla responsabilità di gestire la cosa pubblica in modo corretto ed efficiente sul modello della “neochiusa” École nationale d’administration francese, con un oculato rinnovamento delle procedure di ammissione e formazione degli studenti. Temi fondamentali se pensiamo che un’arretrata visione elitaria di questa scuola ha fomentato il malcontento sociale culminato nella richiesta dei Gilet Gialli a Macron di chiudere l’ENA, cosa poi effettivamente avvenuta.

L’appello quindi va alle forze di Governo, al Partito Democratico in primis: attenzione, attenzione, attenzione. L’obiettivo e nobile ma scegliamo il giusto sentiero da percorrere.

“Calcio e mafia: ad ognuno il suo”

“Calcio e mafia: ad ognuno il suo”

Le notizie di infiltrazioni mafiose nelle curve delle tifoserie di tutta Italia, ormai, è un dato di fatto.

Crea scalpore il “caso Juventus”: la Società torinese, infatti, ha denunciato la problematica ed è ad oggi impegnata nell’assistere la procura nel far chiarezza in questa vicenda spigolosa, oscura, di complessa risoluzione.

Questa è una battaglia di civiltà che nessuno può dismettere alla sola procura: il calcio e le curve, sono un patrimonio del nostro paese. Un patrimonio composito, formato da fan storici, bambini, famiglie, nonni, donne e uomini in carriera, diversamente abili, torinesi, non torinesi, italiani, non italiani. Tutti accomunati da una passione travolgente, che unisce le diversità creando meravigliose comunità. Per questo ognuno di noi deve fare la propria parte non lasciando sola la procura: di sicuro la Giustizia farà il suo corso e accerterà le responsabilità penali e civili, ma questo non può bastare.

Ci vuole l’intervento delle Società sportive, dei singoli tifosi, delle associazioni culturali, sociali e della politica.

Questa necessità è stata resa plasticamente dalle incursioni di frange di estrema destra che si sono date appuntamento lo scorso sabato a Roma: nessuno può più far finta di non sapere. Oltre alle infiltrazioni mafiose oggi assistiamo all’infiltrazione anche di frange fasciste e neo-fasciste all’interno di moltissime curve italiane: non solamente in quelle ormai, amaramente, abituate alla presenza di questi elementi, bensì anche in quelle curve di tradizione più democratica o addirittura dichiaratamente di Sinistra.

Fascismo e mafie, come spesso ripeto, sono due facce della stessa medaglia ed è compito di ogni libero cittadino di un paese democratico cercare di mettere un argine a queste derive autoritarie e antilegalitarie.

Per questo motivo ci sorge spontanea una domanda: perché le altre Società Sportive italiane non denunciano il malaffare presente nelle proprie tifoserie? E’ evidente che non possano più dissimulare, ormai è chiaro a tutti che molte di queste subiscono le dinamiche che ha subito la Juventus. Quindi un appello va direttamente ai Presidenti di queste società: denunciate. Denunciate e poi sostenete programmi di formazione e informazione alla “tifoseria consapevole”, perché le curve degli stadi ritornino ad essere luoghi di passione e divertimento, escludendo fascisti, mafiosi e il loro sibilante modus operandi.

Nei prossimi mesi alcune associazioni culturali, interloquendo con gli organi istituzionali, affronteranno questo tema cercando di fare le propria parte.

Questo è un invito rivolto a voi, poiché rimaniate aggiornati sugli sviluppi di questa campagna e, se potete, farne parte. Scrivetemi per partecipare!

Vi allego alcuni articoli usciti nei giorni scorsi per un ulteriore approfondimento.

Report

Repubblica

https://torino.repubblica.it/cronaca/2020/06/10/news/torino_andrea_agnelli_parte_civile_nel_processo_contro_gli_ultra_-258857022/

Nuova Società

https://nuovasocieta.it/processo-ultras-juventus-andrea-agnelli-parte-civile/

Corriere della Sera

https://torino.corriere.it/cronaca/20_giugno_10/inchiesta-last-banner-agnelli-contro-ultra-6345eacc-aaf4-11ea-ab2d-35b3b77b559f.shtml

Un anno di opposizione, confronto, lotta.

Un anno di opposizione, confronto, lotta.

Un anno fa, in questi giorni, vi chiedevo di “Scrivere il Futuro, Insieme”.

Concludevo il “tour de force” tra tutti i comuni della nostra area sud: ricordo con molto affetto gli sguardi di ognuno di voi oltre che i banchetti, le serate, le iniziative che abbiamo costruito insieme.

La sera delle elezioni si è compiuto il giusto riconoscimento al vostro lavoro, alla vostra fiducia, seppur nel dramma di aver perso il governo della Regione passato nelle mani di Ciro e della Lega. Da quel giorno, però, ognuno dei 4000 voti che mi avete concesso sarebbero stati il pungolo per continuare ad rinnovare la vostra fiducia. Ogni passo che in questo primo anno di legislatura regionale ho fatto l’avete fatto anche voi con me, fuor di retorica.

Per questi motivi abbiamo usato sempre il Noi nella campagna elettorale, nonostante qualche ben pensate ci prendeva in giro…

Non è semplice, vi assicuro, riuscire a portare la nostra voce all’orecchio sordo e confuso di questa maggioranza, che in un solo anno di governo ha inanellato una serie di scelte sbagliate da far rabbrividire: per stemperare il clima, dico che se invece di pensare alle soluzioni avessero scelto “ad occhi chiusi”, difficilmente la statistica li avrebbe portati a fare così tanti errori.

Scientemente il governo Cirio sta minando alle fondamenta il capitale umano ed economico della nostra Regione, già provata da anni di difficoltà economiche.

Quando si esprimono pareri, però, bisogna portare delle motivazioni a supporto. Qui vi elenco alcune tra le “prodezze” di questa maggioranza:

 

la gestione superficiale delle crisi aziendali (Mahle, Olisistem, Cosmonova, Embraco);

la proposta di legge “allontanamenti zero” sugli affidi minori;

lo striscione per “verità per Bibbiano” sul palazzo della Regione;

la paralisi del Consiglio per la richiesta di modifica della legge elettorale, voluta da Salvini, dichiarata poi incostituzionale;

l’insistenza per l’autonomia regionale rafforzata, con nessun effetto concreto.

 

Senza qui citare la drammatica gestione dell’emergenza Covid, che riprenderò più avanti.

 

Nel frattempo, come Consigliere d’opposizione, ho cercato di monitorare lo sbandamento di questa amministrazione e di essere propositivo, sperando che gli interessi dei piemontesi venissero prima di quelli di Matteo Salvini, per intenderci.

Questi i numeri che descrivono la mia attività di quest’anno:

  • 5 proposte di legge;
  • 1 delibera di consiglio;
  • 12 mozioni;
  • 60 odg;
  • 10 interrogazioni e interpellanze.

 

Sono numeri che astrattamente possono non voler dir molto, per questo il mio impegno quotidiano è stato cercare di coinvolgervi nella vita amministrativa della Regione, con le rassegne stampa, le dirette social, le newsletter, gli incontri (fisici e virtuali). Spero di essere riuscito a mantenere la promessa di “presenza” che vi ho fatto in campagna elettorale: nessuno è perfetto ovviamente, ma abbiamo altri 4 anni per migliorare.

 

Ricordo con particolare piacere il mio impegno diretto per:

– l’ospedale unico zona sud;

– la trasparenza amministrativa;

– la valorizzazione di Stupinigi;

– l’edilizia scolastica;

– l’associazionismo, il terzo settore e lo sport.

 

In questo tanto è stato fatto ma tanto resta da fare, sperando che la nostra insistenza e la bontà dei propositi che voi mi avete e mi continuate a suggerire possano convincere anche questa Giunta di centrodestra a migliorare il nostro Piemonte.

 

Sarò molto breve, ma non posso esimermi dal commentare la gestione dell’emergenza Covid-19 di questa Giunta. Per i giudizi più dettagliati vi rimando ai miei canali Social, dove potrete trovare un’analisi dettagliata e quotidiana delle misure adottate.

In sintesi: nessuno poteva essere pronto per gestire una pandemia. Nell’emergenza, però, sono emerse le doti amministrative di alcuni Presidenti di Regione, mentre altri hanno dimostrato, purtroppo per tutti noi, la loro completa incompetenza.

 

La gestione della fase emergenziale è stata semplicemente sbagliata: pochi tamponi, USCA (unità speciali di continuità assistenziale) tardive e sotto numero, gravi errori nella gestione delle RSA. Ormai queste cose sono di pubblico dominio, avvallate dai dati che ci collocano al secondo posto in Italia per numero di contagi rispetto ad una risposta amministrativa di gran lunga inferiore ad Emilia Romagna o Veneto, per fare degli esempi intellettualmente onesti.

 

Capolavoro tragicomico è stata la gestione della fase 2, sostanziata dal decreto “Riparti Piemonte” approvato in questi giorni: una misura senza capo, con una corpo confuso e una coda di assurdità. Così che il provvedimento non individua una sequenza logica di atti volti ad ottenere un risultato, ma solo quella che sembra un’estrazione del gioco del Lotto per quanto riguarda i fortunati beneficiari del sostegno regionale.

Vi rimando ai miei post di dettaglio, ma la scelta dei codici Ateco legittimati ad ottenere il contributo è stato il teatro dell’assurdo: Cirio pare non aver capito che dall’inclusione o meno di certi codici dipendono la sopravvivenza di migliaia di attività, professionisti, commercianti. Il “balletto” che hanno fatto, giorno per giorno, tra emendamenti proposti e bocciati, è già diventato mitologico e farà scuola per i futuri “amministratori creativi”. Tornando seri, la gestione del post emergenza è stata ancora più caotica e disomogenea, comportamento intollerabile da un’amministrazione da cui dipendono le sorti di un numero spropositato di vite.

 

What’s next? Direbbero gli inglesi, cioè, quali saranno i prossimi passi?

– Prima di tutto riprenderemo a breve con i lunedì di ricevimento, per cittadini ed associazioni, che si svolgerà a Nichelino ma anche in ogni comune che ne farà richiesta;

– Riprenderemo la battaglia per portare a casa l’ospedale unico in zona sud nell’area già decisa dalla Regione: zona Vadò (Moncalieri/Trofarello)

– Stiamo predisponendo due Proposte di Legge: una legge sul fenomeno dell’hate speech online (l’odio sul web) e l’altra riguardante forme di agevolazioni mutui per giovani e giovani coppie;

– E infine continuare la discussione per ottenere la metropolitana verso sud su asse Torino/Nichelino, integrata con la modifica e la soppressione dei passaggi a livello sull’asse Torino-Pinerolo.

 

Non sarà facile, non sarà veloce, non sarà come vorremmo.

Perché il Governo della Regione abbiamo scelto, nostro malgrado, di darlo a Cirio e alla sua maggioranza a trazione leghista. Il voto popolare è sempre stato e sempre sarà sovrano, ma il nostro compito dev’essere chiaro da subito a tutti: tra 4 anni questo scempio deve finire.

Loro ce la stanno mettendo tutta per dimostrare la loro inadeguatezza, ma noi dobbiamo dimostrarci pronti: perché la strada verso il Piemonte progressista, solidale, comunitario è lastricata dal sudore di ognuno di noi che giorno dopo giorno, nel nostro ruolo, ci spendiamo.

Avanti, compagni e amici: la notte è lunga, ma l’alba sarà splendente!

Stiamo scrivendo il Futuro, saremo Presenti per il Futuro… per viverlo Insieme!

Esentare i sanitari dal pagamento del pedaggio tangenziale: perché bocciarla?

Esentare i sanitari dal pagamento del pedaggio tangenziale: perché bocciarla?

Ieri abbiamo depositato e inserito nei lavori del Consiglio Regionale un ordine del giorno per chiedere ad Ativa di esentare almeno i sanitari dal pagamento del pedaggio della Tangenziale di Torino.

La sollecitazione ci è arrivata da diversi circoli del Partito Democratico della zona Ovest, ma anche dalla zona Sud, che ringraziamo per l’attenzione dimostrata, e rilanciata dalla segreteria metropolitana.

La nostra richiesta è chiara: come può una società, privata ma con partecipazione pubblica, non agevolare quelle categorie di lavoratori del comparto sanitario che oggi stanno tenendo il nostro paese fuori dal baratro, con estrema fatica. Certo, è più semplice dire che sono semplicemente i nostri eroi “e che se lo facciano bastare”, ma noi non ci stiamo.
Dobbiamo dimostrare coi fatti, non con le parole, che agevoliamo il lavoro di chi sta rischiando la propria salute affinché noi possiamo semplicemente restare a casa.
L’esenzione dal pagamento del pedaggio può essere un primo segnale di attenzione, che la Regione deve far suo, sollecitando Ativa.
Per adesso però l’assessore al Bilancio Tronzano, per conto della giunta, ha dato voto di ASTENSIONE su questa proposta che nei fatti vuol dire BOCCIARLA. 
Perché?
 
Attendiamo nuovamente il prossimo consiglio regionale perché anche ieri (martedì 31 marzo) gli Ordini del Giorno sull’emergenza Coronavirus non sono stati neanche discussi. Fate voi…
Il Bilancio regionale del Piemonte al tempo del Coronavirus

Il Bilancio regionale del Piemonte al tempo del Coronavirus

La prima e unica parola chiara che si deve scrivere è: INADEGUATO!

Adesso provo a descrivervi oggettivamente perché.

Una premessa doverosa: come opposizione non abbiamo effettuato ostruzionismo perché con grande responsabilità abbiamo deciso di permettere al Governo di Cirio e della Lega di approvare il bilancio in fretta proprio per dare risposte all’emergenza Covid-19.

Il 24 marzo 2020, in una sola seduta effettuata in remoto, il bilancio regionale è stato approvato.

Questo bilancio è inadeguato soprattutto per una ragione:

E’ stato pensato prima dell’emergenza Covid-19 e ed è stato approvato senza considerare adeguatamente l’emergenza stessa.

Alcuni esempi esclusivamente legati all’emergenza:

  • Avevano previsto un’esenzione del bollo auto per chi avesse sostituito la propria auto con un’auto euro 6. Noi abbiamo proposto un emendamento per usare quelle risorse per dare sostegno diretto al piccolo commercio e alle piccole imprese (circa 10 milioni di euro), spostando l’esenzione dal bollo auto al prossimo anno —> PROPOSTA BOCCIATA
  • Esenzione e rimodulazione IRAP per imprese e per stabilizzazione lavoratori —> PROPOSTA BOCCIATA
  • Piano turistico “Made in Piemont” per sostenere il ritorno dei turisti nella nostra regione (circa 15.000.000 di euro) —> PROPOSTA BOCCIATA
  • Finanziamento di borse di studio aggiuntive per medici specializzandi da poter inserire immediatamente negli ospedali (circa 1.200.000 euro) —> PROPOSTA BOCCIATA
  • Costituzione di un fondo di garanzia per le imprese culturali (circa 3.500.00 di euro) —> PROPOSTA BOCCIATA

 

  • L’unica proposta accettata è stata il riposizionamento di 5.000.000 di euro tagliati (dall’Assessore al welfare Caucino) ai non autosufficienti (Extra Lea) per il territorio metropolitano di Torino. Però, pur di non riconoscerci alcun merito, non hanno approvato il nostro emendamento ma ne hanno scritto uno loro (Forza Italia) —> INCREDIBILI

 

Hanno annunciato che queste manovre le ritroveremo nel Piano Competitività da circa 600 milioni di euro che però ha due problemi:

  • i tempi per l’utilizzo di quei fondi sono molto lunghi, anche perché gran parte derivano da una riprogrammazione dei fondi europei. Operazione che dev’essere autorizzata dalle stesse Istituzioni europee;
  • alcuni consiglieri di maggioranza hanno richiesto un tavolo di concertazione all’assessore al bilancio, Andrea Tronzano, per discutere della destinazione di quei 600 milioni di euro: procedura che appesantirà il processo, rallentandolo.

Capite che non si può rispondere all’emergenza con tempi così lunghi e con fasi così complesse.

Le nostre proposte erano scevre da posizionamenti politici strumentali e soprattutto sarebbero state cifre immediatamente utilizzabili!

Lo dico con estrema sincerità: in questa fase di emergenza mi sarei aspettato dalla maggioranza un atteggiamento di maggiore apertura e collaborazione, invece che la chiusura praticamente totale verso le nostre proposte. Invece il programma si è rivelato essere molto lontano degli interessi dei piemontesi, limitandosi ad un piano sistematico di attacco al Governo sulla gestione dell’emergenza, in particolare da parte di alcuni consiglieri leghisti e del Presidente Cirio.

Alla prossima puntata… continueremo a tenere a questa Giunta il fiato sul collo per limitare i danni per il nostro Piemonte!

CRISI DEL LAVORO? LA REPUBBLICA d’EUROPA è l’unica soluzione possibile!

CRISI DEL LAVORO? LA REPUBBLICA d’EUROPA è l’unica soluzione possibile!

CRISI DEL LAVORO? LA REPUBBLICA d’EUROPA è l’unica soluzione possibile!

 

Continuano ad emergere e crescere crisi aziendali sul nostro territorio regionale e in particolare nell’area metropolitana torinese.

Olisistem, Mahle, Cosmonova, Alpitel, e molte altre.  Solo negli ultimi mesi ho seguito personalmente questi quattro casi. Senza dimenticare i casi Embraco e Ilva.

Casi diversi tra loro ma con un fil rouge che mi e ci obbliga a effondere ogni sforzo possibile: donne e uomini che dal giorno alla notte scoprono di rischiare il posto di lavoro. Nei casi più drammatici, interi nuclei familiari che in un secondo vedono dilapidarsi ogni certezza, ogni possibilità di pagare le rate del mutuo, ogni speranza per il loro futuro.

Non è retorica e noi, come classe dirigente e come Partito Democratico, dobbiamo a tutti delle scuse.

Lungi da noi accusare solo gli altri, dobbiamo prenderci le responsabilità che ci meritiamo: i contratti a tutela crescente immaginati col Job Act si sono infranti contro il muro della storia. Il Job Act poteva funzionare se fosse stato continuativo e con una dimensione temporale che permettesse all’economia reale di ristrutturarsi. Ma questo non è avvenuto.

Preso atto di queste colpe, oggi abbiamo la necessità di riprendere il percorso che è stato interrotto dai fumi dell’apparenza che hanno avvolto anche il nostro Partito: il nostro posto è fuori dai cancelli delle aziende, nei tavoli sindacali, nei tavoli istituzionali. Dentro al conflitto della Storia.

Questo è quello che sto e stiamo cercando di fare, senza proclami e senza “bacchette magiche”. Tutto quello che posso fare è essere strumento per i lavoratori e sindacati, strumento che possono utilizzare per attirare i riflettori necessari a far sì che la vicenda non passi inosservata ed essere pungolo per le istituzioni regionali, nazionali e europee.

Non possiamo continuare a rincorrere e tamponare i danni però, è necessario uno scatto di coscienza che stimoli il Governo nazionale a costruire risposte sistemiche. Non è semplice e non è immediato, ma la direzione è chiara, proviamo a darci poche indicazioni ma che siano incisive:

  • Globalizzazione dei diritti e del costo del lavoro a partire dall’Unione Europea. Non è più tollerabile che aziende decidano di delocalizzare in altri paesi UE semplicemente per massimizzare il profitto. Sono ben consapevole che questa misura sia complessa, ma serve che l’Unione Europea si trasformi in una Repubblica d’Europa forte e compatta per resistere nel mercato globale.

 

  • Predisposizione di agevolazioni come: finanziamenti straordinari sull’innovazione aziendale verso “le nuove professionalità”, sostegno all’acquisizione delle quote societarie da parte dei dipendenti, abbassamento strutturale del costo del lavoro e sburocratizzazione.

 

  • La Repubblica d’Europa è il minimo sindacale, niente di meno. Dobbiamo aprire una nuova fase costituente europea, perché questa è l’unica soluzione possibile in grado di mantenere un equilibrio di mercato senza dover rinunciare alle tutele e ai diritti dei lavoratori, nessun singolo Stato può pensare di fare altrettanto.

E’ questo che ci chiedono i nostri concittadini ed è questo che faremo: fare la Sinistra, quella che tra il profitto e le persone starà sempre dalla parte delle persone.

Elogio alla complessità

Elogio alla complessità

Salvini non ha rubato i voti della classe operaia, li ha guadagnati andando a sostituirsi in battaglie di cui dovrebbe occuparsi la sinistra”.

Da questa riflessione, drammatica ma verosimile, vorrei costruire un ragionamento.

Sicuramente la sinistra negli ultimi anni ha mancato qualche passaggio epocale, che ha portato il paese a sentirsi abbandonato e ha portato il nostro elettorato storico tra le più “rassicuranti braccia” dei sovranisti. Poco importa che la visione sia miope e semplicemente annunciata, mai realizzata: il Paese soffre e cerca disperatamente delle parole chiave forti, nette, senza ambiguità.

In questo contesto, fare Politica nell’area del Centrosinistra si fa più complesso: io non rinuncerò mai alla complessità del ragionamento per rincorrere gli slogan che le destre propongono. La realtà è articolata e le risposte semplici sono, sul lungo periodo, inefficaci.

Tutti noi dovremmo fare una riflessione: fare Politica vuol dire indirizzare una Comunità verso l’orizzonte che immaginiamo, ma questo si può fare solo convincendone i membri. La retorica portata all’esasperazione può darci molto piacere intellettuale, utile a rinfrancare il nostro ego e la stima di quelli della nostra cerchia. Chi si occupa di politiche pubbliche, però, non può fermarsi a questo.

Perché la maggioranza della popolazione, semplicemente, chiede pragmaticità. Vuole capirci, prima di affidarci il consenso. Storici sono rimasti i commenti dopo gli interventi pubblici di Enrico Berlinguer ad esempio: un uomo di cultura indiscussa, che riusciva però a lasciare in chi lo ascoltava la sensazione di essere compresi, di non essere esclusi. Chi sentiva Berlinguer lo capiva e lo amava.

Io non ho vissuto quegli anni, ma oggi mi ritrovo ad occuparmi del bene comune e ho lo stesso obiettivo: abbandonare la retorica senza abbandonare la complessità. La sfida è ardua e in continua evoluzione, ma l’obiettivo è quello.

Molti mi chiedono perché utilizzo le emoticon nei miei post, perché cerco di fare video per raccontare le mie giornate, perché alcuni miei post sono brevi e diretti: rendere accessibile l’informazione, parlare a tutti, invogliare la curiosità, perché tutti poi possano commentare, suggerire, confrontarsi è sempre il mio obiettivo. Aprire un primo spazio di partecipazione, ripeto, concentrandomi sempre sui contenuti rendendo la complessità accessibile!

Cari amici e compagni di area politico-culturale, cerchiamo insieme di uscire dai nostri cerchi e proviamo a parlare con quelli che sono più lontani?

Quando il calcio dà il peggio di sé

Quando il calcio dà il peggio di sé

E’ lo sport più popolare al mondo, appassiona miliardi di persone, crea comunità e sa dare emozioni indescrivibili.
E’ il calcio: molti di noi hanno una partita in un angolo della mente che non dimenticheranno mai, per il brivido che il solo pensiero riporta a galla.
Lo sguardo di Fabio Grosso, l’inquadratura larga, “se lo segna siamo campioni del mondo”, Caressa che urla “Goooool”, Pirlo che corre con le braccia al cielo verso i compagni. Quanti di noi non dimenticheranno questi 2 minuti della finale del Mondiale di Germania del 2006, il “cielo azzurro sopra Berlino”.

Esiste però il lato oscuro, quello fatto da introiti per i diritti televisivi miliardari, gli scontri tra le tifoserie, gli illeciti di frange di tifoseria e, di recente, la spettacolarizzazione di azioni politiche dei giocatori.
E’ negli occhi di tutti l’immagine della nazionale turca che, mentre fuori dallo stadio bombardavano il Rojava, si schiera sotto la curva e fa il saluto militare. Che sia un’iniziativa dei calciatori o una direttiva dello Stato poco importa: si è spettacolarizzato davanti alla comunità globale un intervento militare, una guerra di aggressione nella quale centinaia di civili hanno già perso la vita. Quei professionisti del gioco del pallone sono modelli per centinaia di migliaia di bambini che, osservandoli, vogliono emularli in tutto e per tutto. L’immagine arriva forte e chiara a livello globale: Erdogan manda un messaggio chiaro alle Nazioni Unite strumentalizzando una piattaforma che dovrebbe essere indipendente e politically correct.

Altro caso degli ultimi giorni è quello capitato a Foggia, dove i calciatori a fine gara vanno sotto la curva per intonare un coro a favore “dei diffidati”, per riportarli allo stadio. I “diffidati” sono ultrà che sono stati colpiti da Daspo per fattispecie di reato varie, accomunati da un interesse dello Stato al tenerli lontani dalle manifestazioni sportive perché potenzialmente pericolosi.
Quale esempio diamo al bambino che, portato allo stadio, chiede al padre perché addirittura i campioni della propria squadra inneggino ad un’azione di guerra o a dei pregiudicati? Dobbiamo impedire ai minori di accedere agli stadi o dovremmo impedire a questi messaggi nocivi di invadere il campo dello sport?
La risposta per noi è chiara: il Calcio è nostro, non di chi lo vuole utilizzare per fini nel migliore dei casi non nobili. E’ necessario tenere alta l’attenzione e attivare tutte le azioni di dissuasione a nostra disposizione: sanzioni ai Club, sanzioni ai calciatori, percorsi di sensibilizzazione che coinvolgano tifosi e società.

La responsabilità di essere un personaggio pubblico di tale rilievo non si conclude nel rettangolo verde, ma si estende a tutto ciò che si svolge sotto lo sguardo del mondo.