Recovery fund: la rivoluzione nasce oggi?
Ci sono giorni in cui per noi, europeisti irriducibili, parlare dell’Unione Europea come speranza per il futuro degli Stati membri è complesso: sono quei giorni in cui all’attenzione delle diversità insite nei paesi membri si preferiscono logiche tecnocratiche, meramente economiche ed élitarie. E poi ci sono giorni, come oggi, in cui penetra uno spiraglio di luce che rinfranca chi ha sempre creduto in un’Europa diversa, forte, sociale e coesa.
Senza mezzi termini, l’accordo trovato questa notte dai Capi di Stato europei sul Recovery fund può essere l’inizio di una rivoluzione.
Questo perché, a prescindere dai dati numerici che dopo accenneremo, va sottolineata una novità che è destinata a imprimersi a fuoco nella storia dell’Unione Europea: per la prima volta infatti è stato stabilito che la Commissione emetta titoli di debito pubblico garantiti dal bilancio UE. Decisione che poi dovrà essere ratificata dal Parlamento Europeo che è l’organo competente in materia di bilancio, ma resta il fatto che se non interverranno stravolgimenti questa notte si sarà scritta una pagina storica.
Cosa significa, in pochissime parole, questo? Significa che non saranno le singole banche nazionali a concedere i prestiti e non saranno nemmeno gli Stati singoli a richiederli alla BCE, con conseguente ed inevitabile innalzamento del valore dei titoli di Stato (e del famigerato Spread), ma saranno titoli di debito che l’Unione emette comunemente e a cui gli Stati membri parteciperanno in maniera proporzionale.
Insomma, l’Unione Europea inizia a fare l’Unione Europea.
Ora, la grande sfida sarà cogliere questo momento per proseguire con forza il percorso riformante delle Istituzione europee, come movimenti da ogni paese richiedono, per ottenere quelle trasformazioni che ci consentano di essere fieramente parte di una Repubblica d’Europa (www.onedemos.eu): ripresa dei lavori Costituenti interrotti nel 2007, uniformazione delle politiche e dei diritti dei lavoratori, del sistema fiscale, delle politiche migratorie.
Un breve accenno alle cifre che compongono l’accordo sul Recovery Fund, utili a comprendere la portata di questo intervento.
Il Recovery Fund cuba globalmente una cifra vicina ai 750 milardi di euro, suddivisi in 390 miliardi di finanziamenti a fondo perduto più 360 miliardi di prestiti garantiti dal bilancio UE (giova ricordarlo per sottolineare la differenza col debito pubblico statale precedentemente citato).
All’Italia sono garantiti 208 miliardi, di cui 81 a fondo perduto e 127 in prestiti: un intervento mastodontico e senza precedenti storici che avrà un impatto dirompente sulle finanze del nostro paese, martoriate dalla crisi dovuta al Covid-19 che aggrava una situazione già precedentemente drammatica.
Per pervenire ad un accordo con gli Stati più riottosi si sono dovute accettare due modifiche, come accade in tutte le trattative. Modifiche che però sono ben poca cosa rispetto alla generalità dell’intervento. La prima è una ricalibratura della destinazione delle risorse, ossia una diminuzione della parte di finanziamento concessa a fondo perduto rispetto alla parte dei prestiti: rispetto alla proposta avanzata inizialmente dall’Italia, per esempio, la quota di finanziamento a fondo perduto è stata diminuita di 3,8 miliardi, a fronte di un aumento della parte concessa in prestito di 38 miliardi. La seconda misura per convincere gli Stati Nord Europei, guidati dall’alleato di Salvini Mark Rutte, è stata la conferma e l’aumento dei cosiddetti “rebates”, cioè degli “sconti” sui contributi al bilancio europeo per quei paesi le cui economie necessitano di meno sostegno. Modifiche che hanno convinto i paesi ad approvare l’accordo, suggellato dall’introduzione della maggioranza qualificata in seno all’ECOFIN (Consiglio di Economia e Finanza) come requisito per l’approvazione ai piani di ripresa nazionale e agli esborsi.
Oggi è un bel giorno per la Comunità europea, per quella Comunità che non smette di sognare un’Europa dei e per i popoli. La rivoluzione è nata oggi e noi saremo sempre in prima linea nella guerra culturale che ci porterà ad abbattere i muri dei nazionalismi, dei populismi e dei sovranismi verso i ponti di un’Europa giusta, sociale, verde e progressista.
Diego Sarno – Consigliere regionale PD – Regione Piemonte
Tommaso Rettegno – Consigliere comunale PD Città di Nichelino – primo firmatario odg sulla Repubblica d’Europa